La Lanterna del Popolo

"La Lanterna del Popolo" - Mensile di Attualità, Cronaca, Cultura, Informazione e OpinioneBenvenuti nel Sito Ufficiale de "La Lanterna del Popolo" - Carovigno (BR) - ITALIA

 

 

 

 

Restauro ex Monastero del Soccorso:

un disastro annunciato da tempo

Lavori eseguiti in totale spregio del bene monumentale: che Dio maledica gli autori del restauro!

 

© - La Lanterna del Popolo (2024)

di Domenico Basile

Era un disastro annunciato da tempo.
La popolazione era stata avvisata.
Gli amministratori comunali erano stati messi sul chi va là.
Avevamo previsto tutto ed avevamo pubblicamente denunciato che i lavori di restauro dell'ex monastero di Santa Maria del Soccorso non si stavano svolgendo secondo i canoni previsti per un bene storico monumentale.
Avevamo gridato alla comunità intera il nostro sdegno e il pericolo a cui stava andando incontro l'antichissimo monastero, ma a nulla sono valse le nostre parole. portate via dal vento.
La comunità, in parte disinteressata, in parte profondamente ignorante in materia di beni culturali, ed in parte completamente sorda a tematiche che non abbiano che fare col cibo o con i beveraggi (popolo di panza) non ha avuto alcun tipo di reazione.
E' stato come cercare di cavare del sangue da un rapa!
Perfino la cosiddetta società civile, quella tanto sbeffeggiata (ed oggi dobbiamo dire giustamente) da Cetto Laqualunque, pronta ad indignarsi per nulla e a votare il potente di turno salvo poi lamentarsi in sordina dei propri governanti, non ha manifestato alcun disappunto, e di tutto questo siamo sinceramente delusi.
Come avrebbe detto il cantautore Fabrizio De Andrè: "Per quanto voi vi sentiate assolti siete per sempre coinvolti", perchè le colpe di tanto menefreghismo ricadranno sulle spalle delle future generazioni.
Forse potrà sembrare brutto a dirsi, ma Carovigno ha esattamente gli amministratori locali che si merita, e di riflesso deve avere a che fare con i problemi che si merita.
"Scrivi Vecchioni, scrivi canzoni che più ne scrivi e più sei bravo e fai il danè, tanto che importa a chi le ascolta ..." queste parole di Roberto Vecchioni rappresentano molto bene il sentimento che oggi ci pervade.
Scriviamo, scriviamo, senza far danè, denunciamo, tentiamo di sensibilizzare le masse, per poi scoprire che non serve a nulla perchè si è di fronte a un uditorio squalificato o peggio ancora totalmente refrattario e disinteressato a tutto ciò che lo circonda, all'ambiente in cui vive, ai monumenti, al proprio patrimonio storico e al futuro della propria città.
Ma per i pochi che nutrono ancora qualche timida speranza che questo stato di cosa possa cambiare rivolgiamo queste nostre modeste parole, nella speranza che questi piccoli semi possano germogliare in qualche coscienza non ancora resa sterile dall'età, dal pressappochismo, dall'ignavia e dal menefreghismo
"Non è questo il modo di restaurare un bene monumentale", lo dicevamo qualche mese fa, osservando che la ditta appaltatrice aveva provveduto a fugare le pietre a vista con cemento grigio, una pratica inammissibile in sede di restauro dato che uno dei principi cardine del restauro è il divieto di utilizzo del cemento grigio che non rientra fra i materiali tipici utilizzati all'epoca.
Eravamo certi del disastro che s stava consumando, ma nonostante le nostre parole, nessuno è intervenuto.
Non lo ha fatto il Sindaco a cui concediamo soltanto in parte l'esimente dell'ignoranza in materia di restauri.
Non lo ha fatto l'Assessore ai Beni Culturali e non lo ha fatto l'Assessore con delega i progetti PNRR, ai quali non è concedibile alcuna esimente.
Non l'ha fatto nessun tecnico comunale, pur avendone le competenze tecniche.
Non lo ha fatto il progettista e non lo ha fatto il direttore dei lavori che bolliamo senza appello come pessimi tecnici.
Non lo ha fatto la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio che aveva tutte le carte i regola e le competenze per poter intervenire ed impedire uno scempio architettonico, forse perchè non era informata di quanto stava accadendo?
Si è giunti così all'Open Day del 1° Giugno, una giornata durante la quale il cantiere si fermava per un giorno per mostrare i progressi o come si usa dire in gergo lo stato avanzamento lavori.
In quell'occasione tutti, ma proprio tutti hanno potuto constatare con mano lo stato dell'arte e, perchè no, del danno.
L'immagine più devastante è quella che appare da Via San Vito.
Da questa prospettiva, infatti, il colpo d'occhio è un vero pugno nell'occhio.
Premesso che il giardinetto retrostante l'ex monastero è stato letteralmente raso al suolo con tutti i pini abbattuti, senza alcuna prospettiva futura su quella che era l'area verde di zona, ad un primo sguardo tutto possiamo pensare tranne che quell'enorme casermone bianco possa essere un bene monumentale seicentesco sottoposto ad un intervento di restauro.
Il bagliore abbacinante dato da quell'intonaco bianco è quanto di più mortificante ci possa essere.
Sembra di trovarsi di fronte ad un qualsiasi prospetto di qualsiasi civile abitazione privata, senza infamia e senza lode, ma non vi è nulla che faccia pensare che possa trattarsi di un bene culturale antico e meritevole di tutela.
E' stato nascosto per sempre l'opus caratteristico della costruzione tanto che è impossibile attribuirne una datazione.
Andavano soltanto rimosse le erbacce, rimosse tutte le cortine murarie poste i corrispondenza di volte ed archi, rimosse tutte le superfetazioni aggiunte nel corso degli anni, ma le pietre dovevano soltanto essere pulite e fugate sapientemente per consentire una lettura antica dell'edificio.
Invece, una passata di cemento grigio ed una bella ano di intonaco bianco ed il disastro architettonico è servito.
E' la pietra naturale il primo elemento che andava preservato, sono le sue dimensioni e il suo ensemble a conferire storicità e bellezza architettonica.
Come abbiamo avuto modo di dire in passato non è possibile svegliarsi al mattino e decidere di intonacare la torre a mandorla o il prospetto esterno del Castello Dentice di Frasso, poichè la sua bellezza storica monumentale discende proprio dall'antichità delle sue pietre, dalla loro colorazione, un colore grigio che non è ottenuto a mezzo di tinture, ma per un naturale processo di antichizzazione nel corso dei secoli.
Invece a Carovigno qualche scienziato è riuscito magistralmente a ridicolizzare e svilire un bene monumentale che forse avrebbe fatto meglio a restare un anonimo covo di piccioni abbandonato.
Sarà possibile rimediare?
Ma soprattutto c'è volontà di rimediare?
Noi crediamo di no, ma se così non sarà Dio maledica gli autori del restauro!