La Lanterna del Popolo

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E' bufera sulla Coop. "La Pugliese":

i braccianti agricoli sono sul lastrico

Dopo 30 anni la Coop. "La Pugliese" e il suo Presidente Giuseppe Annicchiarico ancora nell'occhio del ciclone

 

© - La Lanterna del Popolo (2024)

di Domenico Basile

Sono passati oltre 30 anni da quella lontana Primavera del 1993 quando la città di Carovigno venne sconvolta dalla notizia pubblicata sui principali quotidiani regionali, in cui si riferiva del blitz condotto dai carabinieri di concerto con l'INPS e l'ispettorato del lavoro che portò al fermo di Giuseppe Annicchiarico ed Alberti Vittorio per frode ai danni dell'Inps relativa al disconoscimento di oltre 10.000 giornate agricole (contributi ex SCAU), per un valore stimato di circa 7 miliardi delle vecchie lire, con centinaia di bracciali agricoli coinvolti e oggetto di provvedimenti sanzionatori.
In buona sostanza l'accusa era che i rapporti di lavoro instaurati da parte della Cooperativa "La Pugliese" con questi braccianti agricoli sarebbero stati fittizi, e che il Presidente della cooperativa, Giuseppe Annicchiarico, avrebbe lucrato sulla "compravendita" delle giornate agricole in alcuni casi senza neppure versare i contributi.
I lavoratori agricoli avrebbero ottenuto così la contribuzione necessaria a fronte della quale avrebbero percepito la disoccupazione agricola nonchè l'accreditamento dell'anno contributivo.
Coinvolto nella vicenda anche il segretario della UIL di Carovigno Vittorio Alberti all'epoca dei fatti particolarmente vicino al Presidente della Coop. "La Pugliese", che si occupava degli aspetti burocratici, e cioè della predisposizione materiale delle varie assunzioni della manodopera agricola.
Lo scandalo a suo tempo fu notevole, e i suddetti personaggi vennero condannati a 24 mesi con il beneficio della condizionale (per cui non scontarono carcere), vennero segnati e in un certo qual modo macchiati oltre che nella fedina penale soprattutto nella reputazione pubblica.
Ovviamente il danno maggiore l'ebbero i braccianti agricoli che secondo l'ispettorato beneficiarono dei contributi e conseguentemente delle prestazioni a sostegno del reddito ad essi collegate.

Questi si videro cancellati gli anni di contribuzione e furono condannati alla restituzione delle somme percepite per cui furono i maggiori danneggiati.
Ebbene, sono trascorsi poco più di 30 anni e l'incubo sì è ripresentato in tutta la sua violenza.
Nel corso dell'anno 2023 le indagini dell'ispettorato del lavoro coordinato da ispettori provenienti dalla Campania, si sono concentrate nuovamente sulla Cooperativa "La Pugliese".
Sono seguiti mesi di indagini che hanno visto interrogato il solito Giuseppe Annicchiarico, nonchè tutti i lavoratori che avrebbero prestato la propria opera lavorativa alle dipendenze della Cooperativa "La Pugliese".
Gli interrogatori sono andati avanti per molti mesi dopodichè l'ispettorato del lavoro ha ritenuto fare di tutta l'erba un fascio, sostenendo che tutti i rapporti di lavoro fossero fittizi è che l'attività agricola della Cooperativa "La Pugliese" fosse una colossale montatura, riconoscendo alla stessa un'attività più amministrativa che non squisitamente agricola.
E ci risiamo perché la situazione prevede di nuovo la cancellazione degli anni di contribuzione agricola presso la Cooperativa "La Pugliese" e la restituzione delle somme indebitamente percepite per il rapporto di lavoro in questione.
L'unica differenza è che stavolta il protagonista è soltanto il presidente Giuseppe Annicchiarico mentre l'ex sindacalista Vittorio Alberti, che nel frattempo è tornato sulla cresta dell'onda grazie al consenso popolare che gli ha permesso di essere rieletto consigliere comunale, non è coinvolto in quanto non è stato più lui il soggetto incaricato della predisposizione della documentazione per l'assunzione dei predetti braccianti agricoli .
I cittadini sono stati così ridotti sul lastrico.
Infatti, in un paese che vive di agricoltura, o quanto meno che ha una vocazione prevalentemente agricola e turistica, dove l'attività agricola riveste una parte preponderante dell'economia locale, non è difficile immaginare quali ripercussioni possa aver avuto una notizia di questo tipo che mina alle fondamenta l'economia della città.
Così, come nel lontano 1993, anche stavolta sono centinaia i braccianti agricoli coinvolti nelle indagini condotte dall'ispettorato del lavoro e destinatari di un provvedimento a dir poco devastante.
Immaginate braccianti agricoli che hanno lavorato per anni presso la Cooperativa "La Pugliese" che si sono improvvisamente visti cancellare anni di contribuzione con la richiesta risarcitoria da parte dell'INPS per la restituzione delle somme percepite a titolo di disoccupazione agricola.
Abbiamo registrato casi di braccianti agricoli (che hanno realmente lavorato presso la Cooperativa "La Pugliese"), che si sono visti cancellare anche 20 anni di contribuzione agricola ed hanno ricevuto una richiesta di restituzione di 100.000 euro per disoccupazioni agricole ed assegni familiari percepiti nel corso di questi 20 anni.
Comprendete bene che cancellare 20 anni di contributi ad una persona che ha lavorato presso un'azienda per 30-40 anni significa condannarlo alla perdita della pensione, ovvero ad avere al massimo una pensione minima a 67 anni di età.
Non è possibile nè ammissibile colpire in maniera indiscriminata i braccianti agricoli in questo modo.
La penalizzazione è eccessivamente gravosa e una persona non può permettersi di restituire 100.000 euro, così come non può permettersi di tornare indietro nel tempo per lavorare per rimettersi gli anni di contributi cancellati.
Proviamo quindi a comprendere quali possono essere stati i motivi che possono aver indotto così tanti cittadini a ricorrere al rapporto di lavoro fittizio.
I motivi sono abbastanza semplici e stupisce che l'ispettorato non tenga minimamente conto di ciò.
La prima motivazione, soprattutto nel Sud Italia, è dovuta alla scarsità di lavoro e quindi alla difficoltà di trovare un lavoro regolare.
Conseguentemente il cittadino che non trova lavoro cerca di risolvere, o meglio di tamponare, questo vuoto lavorativo e contributivo attraverso un rapporto di lavoro fittizio.
La seconda motivazione per cui viene ricercato il rapporto di lavoro fittizio è perché è conveniente.
Mettersi 102 giornate agricole all'anno comporta un esborso indicativo di circa 2.000 euro, ma ti assicura la contribuzione per l'intero anno solare.
Alternativamente il cittadino che volesse versare i contributi in forma volontaria dovrebbe chiedere l'autorizzazione all'INPS, che tendenzialmente però nega quest'autorizzazione ed impedisce al cittadino di potersi versare i contributi.
Nei rari casi, invece, in cui autorizza il versamento dei contributi volontari il prezzo da pagare oscilla tra i 4.000 ed gli 8.000 euro per una contribuzione per l'intero anno, con la specifica fregatura che la contribuzione volontaria ha un valore inferiore nel senso che produrrà una rendita pensionistica inferiore rispetto alla rendita frutto di una contribuzione da lavoro effettivo.
E' chiaro che potendo scegliere tra versare 8.000 euro per una contribuzione penalizzante o 2.000 euro per una contribuzione piena il cittadino opterà per la seconda soluzione, anche perché questa consente di recuperare almeno in parte le somme spese per il versamento dei contributi attraverso la percezione della disoccupazione agricola.
Se le pretese dello Stato fossero commisurate a quelle per gli operai agricoli effettivamente assunti molto probabilmente questo fenomeno non ci sarebbe affatto, ed invece lo Stato pretende versamenti esosi e conseguentemente il cittadino cerca di correre ai ripari.
La terza motivazione è che tendenzialmente i datori di lavoro non vogliono assumere personale, o meglio preferiscono assoldarlo in nero, conseguentemente la gente si ritrova senza contributi per la pensione e per poter sopperire a questa carenza contributiva sono costretti talvolta a procacciarseli a pagamento.
Ed è proprio in questo caso che l'ispettorato del lavoro dovrebbe svolgere un ruolo che in realtà non svolge o comunque non svolge nella maniera più corretta possibile: accertare il lavoro nero, ma senza alcuna sanzione per il dipendente, ma esclusivamente nei confronti del datore di lavoro.
Ma veniamo alla bomba sganciato sulla città di Carovigno che ha quasi l'effetto di quella sganciata sulla città di Hiroshima quasi 80 anni fa.
Noi non sappiamo se i rapporti di lavoro instaurati dalla Cooperativa agricola "La Pugliese" con i vari braccianti agricoli siano rapporti di lavoro regolari o fittizi, sarà compito della magistratura stabilirlo (non accertarlo), ma immaginiamo per un attimo che questi rapporti di lavoro siano fittizi.
Se io sono un bracciale agricolo "vero" e vado a lavorare presso un'azienda, questa mi assume, versa X di contributi ed io percepisco Y di disoccupazione agricola per poi avere diritto ad un importo Z di pensione quando giungerà il tempo.
Se il rapporto di lavoro invece è fittizio il lavoratore fittizio dovrà comunque versare X all'azienda per i contributi, percepirà comunque Y da parte dello Stato per la disoccupazione agricola e maturerò comunque il diritto ad avere una pensione Z quando giungerà il tempo.
Morale della favola: nel primo caso, se abbiamo a che fare con un lavoratore effettivo e reale lo Stato incassa X, eroga Y nel corso degli anni, e alla fine eroga Z di pensione, mentre nel secondo caso, se abbiamo a che fare con un lavoratore fittizio lo Stato incassa comunque X, eroga comunque Y nel corso degli anni, ed erogherà comunque Z di pensione Z, quindi in realtà che il rapporto di lavoro sia fittizio o reale per lo Stato non cambia assolutamente nulla, nel senso che nessuno ha negato soldi allo Stato, nessuno gliene ha sottratti.
Quindi di fatto non sussiste alcuna truffa e alcun tipo di danno erariale concreto per lo Stato.
Paradossalmente invece sì concretizzerebbe un comportamento abnorme, spropositato, oseremmo dire quasi truffaldino da parte dello Stato nei confronti dei malcapitati braccianti agricoli.
Infatti, sebbene a fronte di assunzioni fittizie, lo Stato ha comunque percepito delle somme per contributi agricoli, a fronte dei quali ha poi erogato una disoccupazione agricola.
Una disoccupazione che chiede indietro quando scopre rapporti di lavoro fittizi, ma non è altrettanto solerte nel restituire le somme percepite a titolo di contribuzione agricola.
Se infatti l'INPS disconosce le giornate agricole operando una cancellazione delle stesse per non riconoscerle ai fini pensionistici dovrebbe parimenti restituire le somme versate a titolo di contributi agricoli, e invece si trattiene le somme versate, non avendone in realtà alcun titolo; o meglio, si trattiene le somme versate ma non te le vuole riconoscere ai fini pensionistici, oltre a recuperare gli importi erogati a titolo di disoccupazione agricola indebitamente percepita.
Non è questo un comportamento truffaldino posto in essere dall'ente che maggiormente dovrebbe diffondere legalità e regolare la giustizia?
Che dire, in una situazione di questo tipo lo Stato e l'ispettorato del lavoro che lo rappresenta dimostra, di essere forte con i deboli e debole con i forti.
Già, forte con i deboli perché riesce a fare la voce grossa con i bracciali agricoli che non fanno altro che cercare di conquistarsi la tanto agognata pensione ottenendo quel minimo di contribuzione che possa consentirgli un domani di non dover elemosinare all'angolo delle strade.
Debole con i forti invece perché l'ispettorato del lavoro conosce molto bene il territorio, e conosce perfettamente dove si nascondono le sacche di concreta infrazione alle normative sul lavoro; sanno benissimo dove dovrebbero andare ad ispezionare e verificare se i rapporti di lavoro sono reali o fittizi, esistenti o inesistenti.
E' risaputo che qui al Sud, e qui a Carovigno in particolare, i rapporti di lavoro irregolari, o se preferite i rapporti di lavoro in nero, sono prevalentemente concentrati nel settore dell'edilizia e nel settore alberghiero e della ristorazione.
Nell'edilizia per esempio abbiamo muratori, intonacisti e piastrellisti che lavorano in nero nei cantieri e talvolta perfino con contratti part time a 2 ore al giorno che stranamente non solleticano minimamente la curiosità dell'ispettorato.
Nella ristorazione abbiamo camerieri e lavapiatti che lavorano anche oltre 12 ore di lavoro al giorno ma risultano assunti con contratti part-time a 4 ore al giorno, talvolta solo per il sabato e la domenica.
Ecco in questi casi l'ispettorato del lavoro potrebbe e dovrebbe fare molto di più, attivandosi fina dal momento della ricezione della comunicazione di assunzione, mentre in realtà si accontenta di qualche visita sporadica, rigorosamente preceduta da una telefonata amichevole o di cortesia che annuncia il loro imminente arrivo.
in queste condizioni il mondo del lavoro non potrà mai migliorare, e a nulla servono gli scioperi, o le folcloristiche celebrazioni della festa dei lavoratori con il concerto del Primo Maggio.
Bisogna ridare dignità al lavoro e ai lavoratori, ed i primi che dovrebbero fare questo dovrebbe essere proprio gli ispettori del lavoro, con lo Stato in prima linea e non nel ruolo di ballerina di seconda fila.